15 gennaio 2010
Valorizzazione di immobili pubblici non strumentali
Fra esigenze di incremento della finanza pubblica ed incomprimibilità del governo del territorio
Lo scorso 30 dicembre, è stata depositata in cancelleria la tanto attesa sentenza n. 340 [redattore Criscuolo] con la quale la Corte Costituzionale ha deciso sul ricorso proposto da alcune Regioni per la legittimità costituzionale dei primi due commi dell’art. 58 del d.l. 112 del 2008 convertito con modificazioni dalla legge 133 del 2008:
La Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di parte cospicua dell’art. 58, comma 2 in cui è stabilito che “la deliberazione del consiglio comunale di approvazione del piano delle alienazioni e valorizzazioni costituisce variante allo strumento urbanistico generale. Tale variante, in quanto relativa a singoli immobili, non necessita di verifiche di conformità agli eventuali atti di pianificazione sovraordinata di competenza delle Province e delle Regioni. La verifica di conformità è comunque richiesta e deve essere effettuata entro un termine perentorio di trenta giorni dalla data di ricevimento della richiesta, nei casi di varianti relative a terreni classificati come agricoli dallo strumento urbanistico generale vigente, ovvero nei casi che comportano variazioni volumetriche superiori al 10 per cento dei volumi previsti dal medesimo strumento urbanistico vigente“…
… e ciò in considerazione della circostanza:
(a) che “ancorché nella ratio dell’art. 58 siano ravvisabili anche profili attinenti al coordinamento della finanza pubblica, in quanto finalizzata alle alienazioni e valorizzazioni del patrimonio immobiliare degli enti, non c’è dubbio che con riferimento al comma 2 qui censurato, assuma carattere prevalente la materia del governo del territorio, anch’essa rientrante nella competenza ripartita tra lo Stato e le Regioni, avuto riguardo all’effetto di variante dello strumento urbanistico generale, attribuita alla delibera che approva il piano di alienazione e valorizzazione“; e
(b) che, per effetto, la norma dichiarata illegittima “introduce una disciplina non finalizzata a prescrivere criteri ed obiettivi” trasbordando così i poteri propri dello Stato nelle materie di potestà concorrente, di indicazione dei principi fondamentali.
Ciò che era meno atteso è che la Consulta facesse salva la proposizione iniziale dell’art. 58 comma 2, riconoscendo che “l’inserimento degli immobili nel piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari allegato al bilancio di previsione” oltre a determinarne “la conseguente classificazione come patrimonio disponibile, ne dispone” anche “espressamente la destinazione urbanistica” con l’avvertenza contenuta nelle considerazioni in diritto che essa “va ovviamente determinata nel rispetto delle disposizioni e dalle procedure stabilite dalle norme vigenti“.
Poiché il primo significato dell’uso transitivo del verbo “disporre” è “sistemare convenientemente secondo un determinato criterio o ordine (es. disporre i commensali a tavola)” [Dizionario Zingarelli, 2006] – criterio o ordine che nel nostro caso è costituito dalle prescrizioni urbanistico ed edilizie applicabili – può ritenersi che la Corte, la quale non ha ritenuto legittima la variante automatica della destinazione d’uso urbanistica previo semplice inserimento degli immobili nel piano delle alienazioni e valorizzazioni, abbia lasciato impregiudicata la possibilità che, sempre in sede di inserimento nel piano, possano essere introdotte modifiche di destinazione d’uso non contrastanti con le prescrizioni urbanistiche ed edilizie applicabili (ad. es. mutamenti di destinazioni d’uso all’interno della medesima categoria funzionale).
In sostanza quel “disporre la destinazione urbanistica” non consisterebbe in una mera ricognizione “fotografica” e “storica” della destinazione d’uso dell’immobile (es. struttura carceraria, caserma variamente classificate nella pianificazione urbanistica di riferimento) ma consentirebbe di indicare, in sede di piano delle alienazioni e valorizzazioni, già l’uso che, compatibilmente con le prescrizioni urbanistiche ed edilizie applicabili l’immobile essa potrebbe assumere anche in vista di una sua valorizzazione rispondente a logiche di finanza pubblica: che è pur sempre qualcosa anche se siamo ben lontani dal disegno originario.
Interessante è anche chiedersi quali saranno gli effetti della sentenza sui piani di alienazione e valorizzazione che in molte città sono stati approvati introducendo varianti urbanistiche sulla base della norma dichiarata illegittima (senza contare le pesanti “ricadute” sui commi 189 e ss. dell’art. 2 della Finanziaria per il 2010).
Anche in questo caso come nella prima scommessa dell’anno alla cui lettura rinvio, il punto d’arresto dell’efficacia retroattiva della sentenza che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di parte dell’art. 58, comma 2 del d.l. 112/2008 conv. è dato da quando possano dirsi “esauriti” i rapporti regolati in via definitiva dalla legge incostituzionale.
A questo proposito però, deve anche osservarsi che se nella prima scommessa dell’anno l’illegittimità derivata dell’atto amministrativo per sopravvenuta inefficacia della norma dichiarata costituzionalmente illegittima riguardava una Dia (a rigore neanche un atto amministrativo ed in ogni caso non di livello generale), nel caso di specie viceversa, riguarderebbe il piano delle alienazioni e valorizzazioni che – valido ed efficace – per la sola parte in cui stabilisce destinazione d’uso urbanistiche in variante dei beni da alienare e valorizzare, si pone in deroga di previsioni urbanistiche di livello generale, anche se di portata circoscritta (relativa a singoli immobili).
In questo caso, può essere meno agevole stabilire quando possano dirsi “esauriti” i rapporti regolati dal piano delle alienazioni e valorizzazioni, limitatamente al punto in cui preveda varianti urbanistiche introdotte sulla base della legge dichiarata illegittima costituzionalmente.
Se, ad esempio, l’alienazione di un certo immobile inserito nel piano delle alienazioni e valorizzazioni (con variante urbanistica sulla base della norma illegittima) fosse stato oggetto di aggiudicazione (previa indizione di una procedura di gara) prima della pubblicazione della sentenza che dichiara l’illegittimità della norma, ma il contratto conseguente non fosse stato ancora stipulato: in che misura il piano nella parte in cui prevede una diversa destinazione d’uso urbanistica sarebbe da considerarsi definitivo e i rapporti esauriti?
E se (sempre alla data della pubblicazione della sentenza) il contratto fosse stato già stato stipulato?
Ed in che misura, infine, il livello generale delle previsioni di variante urbanistica contenute nel piano delle alienazioni e valorizzazioni può giocare un qualche ruolo nella determinazione della definitività dell’atto e così porre un limite alla sopravvenuta inefficacia della norma?
Scritto il 15-1-2010 alle ore 16:30
trovo che i dubbi posti da te, Eugenio, siano legittimi. Sollevi in effetti il coperchio di un vaso di Pandora noto agli amministrativisti, quello cioè relativo all’illegittimità derivata di atti che discendano, in funzione di effetto, da un atto principale dichiarato invalido.
A me pare, ma potrei sbagliarmi, che si debbano fare due distinzioni importanti.
La prima fa riferimento al regime di validità/invalidità e, per altro verso, efficacia/inefficacia. Le 4 definizioni coincidono spesso, ma non sempre. Questo parrebbe uno die casi in cui all’invalidità di un provvedimento non debba (nè oggettivamente possA) seguire una mancata efficacia di tutti o taluni degli effetti prodotti.
Una seconda e più generica distinzione richiama nullità e annullabilità. A prescindere dal tema del diritto urbanistico, io direi che in generale parliamo qui di atti annullabili. Atti che, in altre parole, in tanto possono venire meno nell’ordinamento in quanto un diretto interessato, secondo tempi e modalità precise, ne rilevi l’invalidità.
Provo allora a fare ordine. A mio giudizio al verificarsi della fattispecie che tu ben illustri nel tuo commento si producono una serie di atti derivati il cui regime giuridico è quello dell’annullabilità e, pertanto, dell’efficacia transitoria. è compito delle parti interessate più che del Legislatore chiederne la cassazione.
Ciò, a mio giudizio, consente di evitare costi eccessivi legati al venir meno di tutti i rapporti giuridici derivati e, soprattutto, garantisce maggiore certezza al diritto.
Scritto il 15-1-2010 alle ore 18:36
Sono d’accordo ma hai detto anche qualcosa di sinistro: finche’ tutti gli atti amministrativi conseguenti a quello invalido (tenuto amche conto del livello generale dell’atto amministrativo considerato) non siano diventati definitivi ed inoppugabili … un fantasma si aggira fra i rapporti insorgenti dai piani delle alienazioni e valorizzazioni.
Scritto il 15-1-2010 alle ore 20:46
In effetti è vero.
Gli americani direbbero che è questione di checks and balances. In soldoni, si tratta di trovare la giusta misura tra il rischio dell’incertezza dei rapporti giuridici (il fantasma di cui parli tu) e la tutela degli interessati (a cui non si può sottrarre immediatamente la possibilità di ricorrere contro un atto amministrativo, rendendolo definitivo).
La mia impressione è che questa sia una di quelle materie sulle quali è solamente un tecnico del diritto, il giudice, che può intervenire caso per caso e decidere in merito ai problemi che possano insorgere.
Scritto il 7-2-2010 alle ore 19:31
Gentili Avvocati,
leggo “affascinata” ancorchè incompetente im materia , le vs. illustri riflessioni poichè da tecnico quale sono (architetto) mi occupo, da circa 10 anni a questa parte , oltre che di urbanistica e relative procedure (da 30 annni) , della sistemazione , catalogazione del patrimonio immobiliare pubblico (per le P.A.) compresa quella delicata fase procedurale riservata al perfezionamento degli atti di acquisizione dei beni immobili allo stato non conclusi.
Mi riferisco a buona parte del patrimonio/demanio pubblico privo di certezza giuridica che naturalmente crea notevoli diseconomie su vari fronti nella gestione della cosa pubblica.
L’esperienza avuta mi ha permesso di verificare quanto poco siano consapevoli le P.A. di tale necessità di riordino del proprio patrimonio: una sorta di miopia diffusa che conduce ad interventi più o meno legittimi anche in sede di pianificazione urbanistica, LLPP e valorizzazzione del patrimonio.
Sarei contenta se gli avvocati che si occupano di diritto amministr. e urbanistico , che sono di fatto il sostegno delle P.A.,” “educassero” in tal senso le stesse e , in caso , promuovessero un” progetto divulgativo integrato ” (redatto da avvocati amministr. e architetti specializzati) da sottoporre alla loro attenzione.
Grazie per l’attenzione prestatami.
Patrizia Villa
Scritto il 8-2-2010 alle ore 11:15
Sono a disposizione per eventuali approfondimenti e per l’invio di una breve relazione illustrativa dei progetti di sistemazione del patrimonio e perfezionamento degli atti di acquisizione dei beni immobili pupplici.
buona giornata.
Patrizia Villa
Scritto il 8-2-2010 alle ore 12:58
Gentile Architetto,
stamattina, mentre la leggevo, mi trovavo accanto ad una signora con uno di quei pacchetti di caffé fresco dall’aroma piacevolmente pervicace che entra dentro, e non ho potuto fare a meno di accostare il sapore determinato e forte del suo gentile contributo a quell’aroma.
La ringrazio molto anche per la testimonianza di grande valore – perché oltretutto, basata su un dato di esperienza – sulle disarmonie, sull'”anello che – talvolta – non tiene” fra esigenze di finanza pubblica e di ordinato “assetto del territorio” (come si usava dire con un espressione oggi in parte desueta) in alcuni processi di valorizzazione dei beni pubblici: anche se sotto questo punto di vista, personalmente nutro molta fiducia nella Costituzione che si rivela sempre più un “bastione” importante di civiltà, di valori giuridici – oltre che di buon senso – imprescindibili tanto più in questo momento storico.
E’ proprio della Corte Costituzionale, oltretutto, l’affermazione di principi e valori costituzionali tanto più in quei casi in cui – come nella c.d. valorizzazione di beni pubblici – tali principi e valori possano risultare in parte compressi da esigenze legittime (es. finanza pubblica) perseguite mediante un’amministrazione “performance oriented” che assicura, in ipotesi, maggiore efficienza ed efficacia, sempreché i risultati siano misurati sulla base di parametri non opinabili.
Ciò detto, l’ipotesi del progetto divulgativo integrato può essere una buona idea (senza però la pretesa, però di voler “educare” nessuno), su cui si può coinvolgere anche l’Ipsoa a cui giro l’idea: parliamone, sentiamcoi anche via e-mail.
Nel frattempo, sarò ben felice di darle ospitalità in questo blog laddove volesse offrirci spunti che possano essere utili a ragionare sui processi di valorizzazione di beni pubblici (ovviamente dati pubblici che non “offendano” in alcun modo nessuno e che siano mediati dalla sua esperienza).
Scritto il 9-2-2010 alle ore 01:17
Gentile Avvocato Falcone,
La ringrazio ,in primo luogo, per le sue considerazioni e i suoi modi cortesi in più espressi attraverso un linguaggio raffinato e colto.
Accolgo il suo gentile invito anticipandole che domani le invierò la breve relazione del progetto di cui le accennavo .
Un apporto interdisciplinare ad integrazione dei contenuti che sottoporrò alla sua cortese attenzione, o comunque tutte le osservazioni che desiderasse indicare saranno più che gradite.
con viva cordialità.
Scritto il 9-2-2010 alle ore 20:37
Gentile Avvocato Falcone,
la relazione del progetto divulgativo….da integrarsi……… è pronta.
Le invio la mia mail : archivilla1@tin.it in attesa di sue cortesi indicazioni sulle modalità di trasmissione della stessa .
cordialità
Scritto il 9-3-2010 alle ore 09:29
[…] di Mr Dick sul Lord Chanchellor nel romanzo di Dickens, a distanza di diverse settimane dalla sentenza n. 340 del 2009 della Consulta c’è ancora un aspetto che mi induce a ritornare sul […]