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Il Blog di Eugenio Falcone

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Postilla » Ambiente » Il Blog di Eugenio Falcone » Normativa ambientale » Una tutela allegra e vigorosa del paesaggio

14 maggio 2010

Una tutela allegra e vigorosa del paesaggio

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Sosteneva Chesterton che “quando gli uomini si sentono spiritualmente elevati e inebriati di libertà e di nobili aspirazioni, devono sempre finire, e lo fanno immancabilmente, per creare istituzioni. Quando sono stanchi tendono a precipitare nell’anarchia, ma quando sono allegri e vigorosi promulgano leggi: è inevitabile” (J. K. Chesterton, Uomovivo, Morganti).

In condizioni di straordinario vigore e buona disposizione d’animo deve essersi trovato il T.A.R. Toscana il quale pur non potendo evidentemente “promulgare leggi”, in via interpretativa ha ritenuto di certificare l’attualità, vigenza e “buona salute” di antiche disposizioni poste a tutela delle “cose immobili costituenti un caratteristico aspetto di valore estetico e tradizionale” ossia del nucleo territoriale di massimo valore paesaggistico.

Ciò è avvenuto nella sentenza del 20 aprile 2010 n. 986, con riferimento all’installazione di un parco eolico che si intendeva posizionare a ridosso del centro storico di Cortona ed in un territorio di grande valore paesaggistico, con la quale il T.A.R. Toscana ha ritenuto di applicare la nozione di paesaggio contenuta nel R.D. 3 giugno 1940, n. 1357, regolamento d’attuazione della L. 29 giugno 1939, n. 1497 ancora in vigore “in quanto applicabile”  fintantoché, ai sensi dell’art. 158 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, non siano emanate apposite disposizioni regionali di attuazione che lo sostituiscano.  

Più esattamente il T.A.R. Toscana ha ritenuto illogico considerare il paesaggio come limitato alle sole componenti naturalistiche in quanto “la più recente giurisprudenza ha infatti ricordato come, in base alla normativa di riferimento, possa affermarsi che ciò che ha rilievo, ai fini della protezione dei valori estetici tradizionali che formano oggetto della tutela paesistica è la spontanea concordanza e fusione fra l’espressione della natura e quella del lavoro umano“.

In sostanza, il T.A.R. Toscana ha fatto proprio l’orientamento della giurisprudenza amministrativa recente la quale – almeno con riferimento al nucleo di valori estetici tradizionali del territorio oggetto di tutela paesaggistica –  ritiene tutt’ora applicabile la previsione contenuta all’art. 9, comma 2, punto 4)  del R.D. 3 giugno 1940, n. 1357  che sancisce come “nota essenziale di un complesso di cose immobili costituenti un caratteristico aspetto di valore estetico e tradizionale è la spontanea concordanza e fusione fra l’espressione della natura e quella del lavoro umano“.

L’operazione ermeneutica è interessante in quanto l’art. 136 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, al comma 1, lett. c), con  riferimento al “complesso di cose immobili costituenti un caratteristico aspetto di valore estetico e tradizionale” è alquanto laconico non spingendosi più a definire le note caratterizzanti che rendono tali “cose” meritevoli di tutela paesaggistica.

Ciò è probabilmente in parte  spiegabile considerando che l’art. 131 del Codice dei beni culturali e del paesaggio introduce una definizione di paesaggio –   che però riguarda il paesaggio nel suo complesso e non solo le componenti costituenti valore estetico tradizionale – che per certi versi recupera la nozione del R.D. 3 giugno 1940, n. 1357: “per paesaggio si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni“.

D’altra parte è altresì cosa nota che a seguito della Convenzione europea del paesaggio ratificata dall’Italia con L. 9 gennaio 2006, n. 14 l’orizzonte dogmatico ed assiologico di identificazione e di tutela delle “cose immobili costituenti un caratteristico aspetto di valore estetico e tradizionale” ed in generale dei profili maggiormente identitari del paesaggio sembra abbia subito in parte un’ibridazione se non altro per “la tendenza a sfumare il rapporto tra un tutto (il territorio) ed alcuni elementi di pregio (i territori vincolati)”   (E. Boscolo, Paesaggio e tecniche di regolazione: i contenuti del piano paesaggistico, in Riv. Giur. Urb., Padova, 2008, 143).

Tutto considerato e tenendo anche conto del nuovo approccio di tutela del paesaggio mutuato dalla Convenzione europea del paesaggio,  non vi sarebbe dunque un’apprezzabile discontinuità fra la nozione del R.D. 3 giugno 1940, n. 1357 che si esprime in termini  di “spontanea concordanza e fusione” fra azione umana e naturale e la definizione generale di paesaggio del Codice Urbani come “territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni”… salvo forse per un particolare.

Che la vera linea di discontinuità fra l’antica definizione e quella corrente non sia riflessa nell’omesso richiamo alla “spontaneità” che, secondo il R.D. 3 giugno 1940, n. 1357, dovrebbe caratterizzare l’interrelazione fra l’azione dei fattori naturali ed umani che generino “cose immobili costituenti un caratteristico aspetto di valore estetico e tradizionale” e che nel Codice dei beni culturali e del paesaggio non sarebbe più richiesta?

Non è chiaro: certamente l’asettico riferimento corrente al concetto di interrelazione fra “fattori” umani ed ambientali coglie solo parzialmente il riferimento alla “spontanea concordanza e fusione fra natura e lavoro dell’uomo” del R.D. 3 giugno 1940, n. 1357, espressione di un’epoca in cui in tempi più o meno lunghi ed anche a prescindere da atti deliberati di pianificazione unitaria e globale ancora l’interazione fra azione dell’uomo e natura ed autorità delle istituzioni, davano vita a “paesaggi moderni” (nel senso all’espressione attribuita da G. Ferrara, La pianificazione del paesaggio nel Codice Urbani e le prospettive della Convenzione Europea, in Convenzione Europea del paesaggio e governo del territorio, a cura di G. F. Cartei, Bologna, 2007, 176 il quale traumaticamente evidenzia che “in Italia non può essere documentata l’esistenza di un paesaggio moderno“).

E che non si tratti di una disputa astratta è attestato dalla stessa sentenza del T.A.R. Toscana n. 986 del 20 aprile 2010 sopra richiamata che, in applicazione della nozione di  cose immobili costituenti un caratteristico aspetto di valore estetico e tradizionale” contenuta nel R.D. 3 giugno 1940, n. 1357 ricorda che  la più recente giurisprudenza (C.d.S., Sez. VI, 9 maggio 2006, n. 2539) “ha osservato come, ai fini della tutela paesaggistica, gli elementi architettonici debbano raccordarsi a quelli naturalistici, in un processo di fusione di questi ultimi con le modifiche sul territorio introdotte ad iniziativa dell’uomo, in modo da dar vita alla nozione di località o ambito territoriale, esprimente nel suo complesso valori omogenei sia di tipo estetico, sia di riferimento alle tradizionali forme di utilizzo del territorio in consonanza con il paesaggio e con le condizioni di ambiente circostanti (…) risulta, quindi, assolutamente legittimo che la Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il Paesaggio, e con essa la Regione, la quale ne richiama il parere nella deliberazione impugnata, si preoccupino del fatto che il parco eolico sarebbe posizionato in un territorio posto a contorno del centro storico di Cortona e che, per tal motivo, l’intervento sarebbe di notevole impatto paesaggistico e visivo, essendo “oggettivamente capace di cambiare radicalmente quel paesaggio” .

Resta il fatto che, per lo meno a livello pretorio e con riferimento alle porzioni di paesaggio aventi carattere identitario e di rilevante pregio culturale ed ambientale,  la nozione del R.D. 3 giugno 1940, n. 1357 è ancora in vigore in quanto ritenuta “applicabile”, ai sensi dell’art. 158 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, nonostante l’evoluzione della definizione generale di paesaggio dell’art. 131 dello stesso Codice con riferimento alla quale è quanto meno lecito dubitare che il T.A.R. Toscana avrebbe potuto formulare eguali considerazioni “andando oltre” la tutela del centro storico di Cortona.

Letture: 5895 | Commenti: 4 |
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4 Commenti a “Una tutela allegra e vigorosa del paesaggio”

  1. Alessandra scrive:
    Scritto il 15-5-2010 alle ore 09:54

    Trovo la sentenza e il commento di estremo interesse. Mi pongo la questione se la tutela sia estendibile, sulla base della sentenza commentata, anche a paesaggi che non hanno avuto per secoli alcuna trasformazione da parte dell’uomo, ma che sono rimasti intatti, tramandati da generazioni tanto che a ricordo d’uomo nel luogo non ci fosse che quella situazione.

    Mi riferisco ad esempi quali un bosco, una montagna, una collina, e simili.

    Grazie

  2. Andrea AR scrive:
    Scritto il 17-5-2010 alle ore 11:12

    Del resto Bacone sosteneva che “Homo additus naturae”…

  3. Eugenio Falcone scrive:
    Scritto il 27-5-2010 alle ore 13:19

    Per AndreAR: Bacone o Heghel a questo punto ha poca importanza. Ha forse più’ importanza constatare come determinate “componenti” ideali che permeano norme culturalmente distanti dalla sensibilita’socio- culturale attuale “reagiscano” nell’ordinamento giuridico.
    Leggevo proprio oggi, un po’ febbricitante: ” in presenza di atti disciplinati dal diritto, il giurista deve mirare a ricavare il senso che vi si ricollega nell’ambiente sociale – la lettera della legge s’integra e si riempie di uno spirito diverso conforme allo spirito del tempo e della societa’ per cui la norma e’ destinata a valere, non gia’ ben s’intende, secondo il talento soggettivo dell’interprete – l’organo della coscienza sociale deve oggi riconoscersi nella giurisprudenza, intesa nel senso più’ lato di giurisprudenza cosi’ teorica (scienza giuridica) come pratica – sempre che i giuristi siano consapevoli della missione e della responsabilita’ ad essi incombenti quali rappresentanti della societa': inquadrare lo stesso ordine giuridico nell’ethos della societa’ in cui vive ” (Spantigati, l’attenzione del giurista alla letteratura in ritorno al diritto, Francoangeli, 2006, n. 4 che cita Betti, teoria generale dell’interpretazione, 1955).

  4. Eugenio Falcone scrive:
    Scritto il 14-6-2010 alle ore 18:07

    Per Alessandra: direi di no.

    La logica giurisprudenziale sopra delineata mal si presta alla tutela di paesaggi “intatti”, non “contaminati” dall’intervento dell’uomo (nell’accezione all’entità – uomo attribuita dall’agente Smith in Matrix), “incantati”, non minimamente contigui a paesaggi caratterizzati dall’interrelazione fra uomo e natura.

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